Con la sentenza n. 1496/2022 la Cassazione ha statuito che “lo svolgimento di fatto di mansioni proprie di una qualifica –anche non immediatamente –superiore a quella d’inquadramento formale comporta in ogni caso, in forza dell’art.52 comma 5, d.lgs.165/2001, il diritto alla retribuzione propria di detta qualifica superiore”. In vero, il diritto alla retribuzione propria di mansioni superiori si sostanza nell’attribuzione di un compenso aggiuntivo rispetto a quello previsto se il lavoratore avesse svolto le funzioni per la qualifica di appartenenza. Pertanto, viene in questo modo assicurata al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, così come previsto dall’art.36 della Costituzione, pur non traducendosi tale principio nel diritto alla definitiva acquisizione della diversa qualifica. La sentenza si riferisce a tutti i lavoratori del settore del pubblico impiego contrattualizzato e, il principio di diritto è applicabile anche in ambito sanitario, ma non al dirigente medico che sostituisce il direttore di struttura complessa. In quest’ultimo caso, ai sensi dell’art.18 del CCNL 2000, non si configura uno svolgimento di funzioni superiori, poiché avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, con il corollario che non avrebbe rilievo lo svolgimento delle funzioni apicali allorchè non accompagnato dal formale conferimento dell’incarico ad esse corrispondente. Pertanto, non trova applicazione l’art.2013 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito, ma solo la prevista indennità sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare remunerativa l’indennità sostitutiva prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, è inapplicabile l’art.36 Costituzione (Cass. Ordinanza 15 febbraio 2022 n.4983)