I termini di prescrizione per gli ex specializzandi sono scaduti. Gli allievi dei corsi post-laurea svolti tra 1983 e 1991, allora privati del diritto a percepire la borsa di studio, non possono ricorrere all’infinito contro lo stato italiano per ottenere il risarcimento. L’ordinanza della Corte di Cassazione 18344 del 4 luglio scorso ha sancito che insistere con le cause per avere quelle borse e gli interessi può configurare lite temeraria: non solo chi ricorre perde, ma paga le spese di soccombenza. Così è accaduto con il “verdetto” della Suprema Corte su due diversi filoni di cause intentate a Roma da ex specializzandi che nel decennio 1983-91 non percepirono le borse, nel frattempo erogate in tutti gli altri stati membri dell’Unione europea in base alle direttive 362-363 del 75 e soprattutto 76 del 1982. L’Italia ratificò la direttiva 76 con legge 257 nel 1991. Ma fino a quando si poteva ricorrere per vedersi riconosciute le borse?
Ancora negli anni 2010 sono state promosse cause contro Presidenza del Consiglio e Ministeri di Università, Salute, Economia. Due cordate di ricorrenti sono state respinte gli anni scorsi dal Tribunale (2017) e dalla Corte d’Appello di Roma (2021) sulla base di un assunto: il 27 ottobre 1999 la legge 370 all’articolo 11 statuì che avevano diritto alla borsa i soli ex specializzandi beneficiari di sentenze irrevocabili emanate dai tribunali amministrativi regionali, i Tar. La sentenza della Corte d’Appello portata in Cassazione dai ricorrenti stabilisce appunto che la legge 370 segna la parola fine su chi può ricorrere ed entro quando. I dieci anni per proporre causa, come dicono anche le sentenze di Cassazione, scadono il 27 ottobre 2009. Oltre non si poteva andare.