Nei giorni scorsi il ministro della Salute ha ricordato in alcune interviste che il personale sanitario deve utilizzare queste ultime settimane di dicembre per regolarizzare la propria posizione, in termini di corretta acquisizione dei crediti prescritti per la formazione continua Ecm, in modo da “evitare che vengano applicate le sanzioni”, che possono arrivare “fino alla sospensione, anche per sei mesi”. Sembra, infatti, che non siano previste ulteriori proroghe riguardo al fabbisogno formativo relativo al triennio 2020-2022, la cui scadenza è, quindi, prevista e confermata per il prossimo 31 dicembre. Sempre il ministro ha sottolineato un’altra questione fondamentale, ovvero il rischio di restare senza copertura assicurativa nel caso in cui un professionista sanitario dovesse risultare non in regola con almeno il 70% del fabbisogno formativo previsto.
Le raccomandazioni del ministro sono assolutamente corrette e propositive e intervengono in una tematica che da parte degli interessati non sempre viene considerata a pieno nella sua importanza istituzionale. Tuttavia, ai due importanti aspetti segnalati – eventuali sanzioni da parte dell’Ordine di appartenenza e rischio di mancata copertura assicurativa – se ne aggiunge un altro che, a mio parere, potrebbe avere addirittura maggiore incidenza nella vita professionale di tutto il personale sanitario. Va peraltro precisato che le raccomandazioni del ministro Schillaci riguardano tutti i professionisti sanitari che operano sia nel pubblico che nel privato che liberi professionisti, mentre questo ulteriore aspetto coinvolge esclusivamente i dipendenti pubblici. Mi riferisco alle clausole presenti nei due Ccnl di riferimento – Area della dirigenza sanitaria e comparto – che sanciscono le penalizzazioni cui vanno incontro i soggetti non in regola. Si tratta della prescrizione di cui dell’art. 51, comma 5, del Ccnl del 19.12.2019 (tuttora vigente in quanto non disapplicato dalla Preintesa del 28 settembre 2023), secondo la quale “il dirigente che senza giustificato motivo non partecipi alla formazione continua e non acquisisca i crediti previsti nel triennio, subirà una penalizzazione nelle procedure di conferimento degli incarichi da stabilirsi nei criteri integrativi aziendali”. Per i dipendenti del comparto appartenenti alle 22 professioni sanitarie, l’art. 67, comma 4, del Ccnl del 2.11.2022 stabilisce invece che “il dipendente che senza giustificato motivo non partecipi alla formazione continua e non acquisisca i crediti previsti nel triennio, non potrà partecipare per il triennio successivo alle selezioni interne a qualsiasi titolo previste”. Pertanto, a far data dal 1° gennaio 2024 tutti i dirigenti sanitari (medici, odontoiatri, veterinari, biologi, chimici, fisici, farmacisti, psicologi, dirigenti delle professioni infermieristiche e tecnico sanitarie) che non avranno acquisito 150 crediti formativi subiranno le penalizzazioni stabilite dalla singola azienda all’interno del regolamento sui criteri di conferimento, adottato previo confronto con le Organizzazioni sindacali (art. 5, comma 3, lettera e, del Ccnl del 19.12.2019).
Da parte loro, i lavoratori del comparto non potranno partecipare a selezioni per il sistema degli incarichi, alle progressioni economiche (Dep) né a quelle di carriera. Tali penalizzazioni sono state disciplinate – seppure con un certo ritardo – in ossequio al preciso mandato dell’art. 16-quater, comma 2, del d.lgs. 502/1992. A una prima lettura, sembra decisamente più rigorosa la prescrizione prevista per il comparto perché per i nove profili dirigenziali, in buona sostanza, non viene sancita l’impossibilità di partecipare bensì una mera penalizzazione che potrebbe anche essere un ritardo di un anno o di qualche mese. I contratti collettivi non lo dicono esplicitamente ma, ragionando a contrario, credo sia coerente ritenere che la mancata acquisizione dei crediti Ecm nel triennio 2023-2025 comporti la revoca anticipata dell’incarico conferito.
L’evoluzione dell’Ecm nel tempo. Con l’occasione, può essere utile riprendere e analizzare alcuni aspetti di dettaglio che sono stati affrontati dal ministro nei suoi interventi. L’Educazione Continua in Medicina (nel notissimo acronimo Ecm) nasce nel 1999 allorquando il d.lgs. 229/1999 con l’art. 14 introduce nel decreto 502 del 1992 l’art. 16-bis, come prescriveva la legge delega Bindi (art. 2, comma 1, lettera v, della legge 419/1998). Inizialmente il concetto di formazione professionale permanente coinvolgeva esclusivamente i dirigenti sanitari e, successivamente, l’art. 2, comma 357 della legge 244/’2007, ha reso operativo il “Riordino del sistema di Formazione continua in Medicina” approvato dalla Conferenza Stato-Regioni il 1° agosto di quell’anno. Destinatari del programma sono “tutti gli operatori sanitari che direttamente operano nell’ambito della tutela della salute individuale e collettiva, indipendentemente dalle modalità di esercizio dell’attività, compresi dunque i liberi professionisti”. Dal 1° gennaio 2008, con l’entrata in vigore della citata legge 244/2007, la gestione amministrativa del programma di Ecm e il supporto alla Commissione nazionale per la formazione continua, fino ad allora di competenza del Ministero della salute, sono stati trasferiti all’Agenas. In seguito, la legge 148/2011, ha esteso l’obbligo a tutte le professioni intellettuali ex art. 2229 del codice civile, cioè a 49 professioni incardinate in 29 tra Ordini e Collegi. La disciplina e le regole attuative della Ecm sono di competenza della CO.GE.A.P.S. (consorzio tra tutti gli ordini e le associazioni professionali) e della ricordata Commissione nazionale per la formazione continua di cui all’art. 16-ter del d.lgs. 502/1992.
L’evoluzione del tema “copertura assicurativa”. Proseguendo nell’analisi, la tematica della copertura assicurativa ha avuto nel tempo vicende a dir poco sconcertanti: basti pensare che, ad oggi, non è ancora stato adottato il decreto del Mise – oggi ministero delle Imprese e del Made in Italy – che deve disciplinare, ai sensi dell’art. 10, comma 6, della legge 24/2017 (la cosiddetta legge “Gelli-Bianco”), i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie. Il grave ritardo è stato in parte superato da un emendamento presentato in sede di conversione del Dl 152/2021. Infatti, a stralcio di quanto avrebbe dovuto sancire il decreto sopra ricordato, l’art. 38-bis della legge 233/2021 prescrive che “a decorrere dal triennio formativo 2023-2025, l’efficacia delle polizze assicurative di cui all’articolo 10 della legge 8 marzo 2017, n. 24, è condizionata all’assolvimento in misura non inferiore al 70 per cento dell’obbligo formativo individuale dell’ultimo triennio utile in materia di formazione continua in medicina. Le vicende medio tempore non sono peraltro finite, perché lo scorso anno per una serie di ragioni più o meno valide, il Parlamento decise una proroga per l’acquisizione dei crediti relativi al triennio 2020-2022 e con l’art. 4, comma 5, della legge 14/2023 di conversione del decreto Milleproroghe 2022 ha previsto la proroga al 31.12.2023 precisando, comunque, che “Il triennio formativo 2023-2025 ed il relativo obbligo formativo hanno ordinaria decorrenza dal 1° gennaio 2023”. Si vuol dire, in pratica, che non è stato creato surrettiziamente un quadriennio ma è stata eccezionalmente spostata di un anno la scadenza del triennio.
Proviamo a riassumere i vari aspetti nei quali assume rilievo la circostanza che i professionisti siano in regola con la Ecm. La non corretta o completa acquisizione influisce sugli accreditamenti sanitari istituzionali sia di strutture pubbliche che private, sulle certificazioni per la qualità, sulle cause risarcitorie, sull’entità dei premi assicurativi, sulle motivazioni di mancato risarcimento, in generale nelle cause penali e, come già riferito, in relazione alle possibili sanzioni dal parte dell’Ordine di appartenenza, ai sensi della citata legge 138/2011 che all’art. 3, comma 5, lettera b), prescrive per tutte le professioni che “la violazione dell’obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come tale è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale che dovrà integrare tale previsione”.